Medici Senza Frontiere ha risposto con durezza a Beppe Grillo ed
all’hashtag: #tbcnograzie per
denunciare il rischio di contagi da tubercolosi tra i poliziotti impegnati
nell’operazione «Mare Nostrum» con un altro hashtag: #allarmismonograzie.
Invece
di “Tubercolosi No Grazie”, noi di Medici Senza Frontiere (MSF) diciamo “No grazie” all’allarmismo basato
sulla paura e l’ignoranza piuttosto che sui fatti. MSF è in
prima linea nella lotta all’Ebola che sta travolgendo l’Africa occidentale. I
nostri operatori umanitari sono sulle coste della Sicilia per fornire
assistenza alle migliaia di persone costrette a fuggire da terribili conflitti.
L’anno scorso i nostri medici e infermieri hanno curato 30.000 persone affette
da Tubercolosi (Tbc) in tutto il mondo. Non
possiamo rimanere in silenzio di fronte a falsità come quelle che stanno
circolando in Italia in questi giorni.
Nei
primi mesi del 2014 abbiamo effettuato, insieme all’Azienda Sanitaria
Provinciale di Pozzallo, il primo screening sanitario per circa 12.000 persone
appena sbarcate. Sono generalmente giovani, in buono stato di salute. La quasi totalità delle malattie
diagnosticate all’arrivo è legata alle difficili condizioni di vita e del
viaggio che devono affrontare: infezioni dermatologiche, dolori articolari,
piccole ferite, debilitazione generale e così via. La maggior
parte di loro viene da paesi in guerra, come la Siria e la Somalia, o da paesi
in cui vengono perseguitati, come l’Eritrea.
È
del tutto falso che le persone arrivano sulle coste italiane e girano
liberamente per il paese senza alcun controllo sanitario. Vediamo il Ministero della Salute
eseguire screening sanitari ogni giorno. Noi stessi forniamo screening
supplementari a Pozzallo e Augusta, due dei principali siti di sbarchi in
Italia.
Purtroppo,
al contrario di quanto
affermato in questi giorni da note figure politiche, la Tubercolosi è una
malattia presente in Italia da decenni, non è stata recentemente importata
dagli stranieri. Nell’ultimo cinquantennio (1955-2008), il
numero annuale di casi di Tbc, registrati dal sistema di notifica nazionale, è
diminuito da 12.247 a 4.418. Non si parla quindi di un riemergere della
malattia.
Per
di più le persone
positive al test cutaneo alla tubercolina (Mantoux) non sono contagiose.
Solo il 10% di chi acquisisce l’infezione sviluppa in seguito la malattia
tubercolare, diventando potenzialmente contagioso per altri. La Tbc non si
trasmette con una stretta di mano, prendendo lo stesso autobus o frequentando
gli stessi spazi pubblici.
Per
quanto riguarda l’Ebola, non
è mai stato diagnosticato un caso di Ebola in Italia.
L’approdo di questa malattia con i
migranti che sbarcano sulle coste siciliane è più che remoto.
Il virus Ebola è molto letale e nella maggior parte dei casi provoca malattia
sintomatica e poi morte nell’arco di pochi giorni dall’infezione. Questo
vanifica la possibilità che una persona infettata si avventuri verso l’Europa
in un viaggio che generalmente dura diversi mesi. E questo è anche un tempo
troppo lungo perché una febbre emorragica virale possa “sopravvivere” fino ad
arrivare a noi.
Le
équipe di MSF in Africa Occidentale hanno trattato oltre 2/3 di tutti i casi
registrati ufficialmente. La
presidente internazionale di MSF ha parlato ieri di fronte alle Nazioni Unite
ammonendo che la politica restrittiva del chiudere le frontiere è il peggior
approccio possibile e sta costando molte vite umane. Misure
coercitive come le quarantene forzate stanno portando le persone a nascondere i
malati, allontanandoli dal sistema sanitario. Queste misure sono servite
solo ad alimentare la paura e l’instabilità, più che ad arginare la malattia.
L’emergenza
Ebola resta prioritariamente in Guinea, Sierra Leone e Liberia, dove troppe persone stanno morendo
ogni giorno.
L’attenzione di MSF resta focalizzata nel salvare vite dove
l’epidemia è ora in corso. Ci sono lacune critiche in tutti gli aspetti della
risposta all’epidemia in questi paesi e ci deve essere una massiccia
mobilitazione di risorse, se vogliamo contenerla e assicurarci che più vite
siano salvate. Allarmismi e paure non sono decisamente una soluzione,
serviranno solo a peggiorare le cose.
Invece
di promuovere la chiusura delle frontiere in Italia o alzare ancora più in alto
le barricate, occorre sottolineare l’importanza di investire nel sistema di
accoglienza,
perché uno standard di qualità del servizio è cruciale nel determinare
l’evoluzione dello stato fisico e mentale di queste persone. Se dunque un reale
rischio per la salute pubblica della popolazione italiana esiste, esso è
rappresentato dall’esclusione sociale e dal mancato rispetto dei diritti minimi
di accoglienza.
Oltre
alle attività medico umanitarie in Sicilia, MSF lavora in 66 paesi del mondo,
offrendo assistenza alle popolazioni colpite da disastri naturali, crisi
umanitarie e conflitti, come Siria, Gaza, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan.
La realtà che ogni giorno vediamo è
che chi fugge dalla guerra e dalla persecuzione ha bisogno di protezione, non
di paura e ignoranza strumentali.
mader
Stefano Di
Carlo, Capo Missione, Medici Senza Frontiere
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