Dovevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno, ma devono aver dimenticato
l’apriscatole. E così ora si ritrovano digiuni, molto dimagriti, non famelici
divoratori di pesci grossi, ma pappati dagli squali di Camera e Senato. È la
triste parabola del Movimento Cinque
Stelle, e soprattutto del suo leader Beppe Grillo, in quest’annus horribilis, anno di disgrazia
(per loro, s’intende) 2014, iniziato col ricordo glorioso del leader natante
sulle acque dello Stretto, capace di congiungere a suon di bracciate e pinnate
in un sol colpo Scilla e Cariddi, e finito con i parlamentari grillini fatti
fuori da quel polposo mostro acquatico in Transatlantico chiamato vecchia
classe politica.
Il 2014, per il Movimento, non è stato altro che
questo: anno di eclissi di tutte
le sue cinque stelle, su cui aveva costruito i suoi progetti e il suo fulgido
sogno di avvenire. Ai pentastellati, insomma, è capitato l’inverso della famosa
massima di Kant: si è spento il cielo stellato sopra di loro, e pure la luce
morale dentro di loro. La prima stella polare del loro impegno in politica
doveva essere la necessità di cambiare
la classe dirigente. I numeri c’erano, all’inizio, poi però qualcosa si
è rotto, e soprattutto qualcuno, più di qualcuno in realtà, se n’è andato: gli
ultimi tre sono stati Cristian Iannuzzi,
sua madre Ivana Simeoni e Giuseppe Vacciano, dimessisi ieri da
parlamentari. Anziché spazzare via i vecchi partiti e convincere i pochi
rimasti a convertirsi a loro, i grillini hanno così subìto l’effetto opposto:
si sono smembrati, assistendo a fughe e tradimenti. La seconda stella di
riferimento del Movimento era il mito del procedere da soli, duri e puri, senza compromessi e accordi con gli
altri partiti.
Questa tattica, spesso autolesionista ai confini del tafazzismo,
è durata fin quando proprio i transfughi hanno cominciato a flirtare col nemico.
Il Movimento è diventato allora una gabbia, dalla quale occorreva uscire, e al
più presto, per poter accordarsi con i marpioni di Pd o Forza Italia. I 26 che
se ne sono andati – cacciati o autosospesi – già si preparano a diventare la
stampella di emergenza del governo
Renzi. Nascere grillini e morire renziani: che tristezza (entrambe le
cose, naturalmente). Il fuggi fuggi dalle file del Movimento è stato
favorito dal tramonto di una terza stella (in un senso molto meno glorioso di quello
pucciniano del «Tramontate stelle»), ossia l’utopia della Rete come mezzo di partecipazione, selezione e
democrazia. La Rete ha fallito in tutti e tre i sensi: la partecipazione sul blog è
inconsistente rispetto all’effettiva platea degli elettori dei Cinque Stelle;
la selezione avviene spesso al contrario, favorendo l’elezione non dei
migliori, ma di persone inadeguate;
il blog non promuove la democrazia, al contrario sollecita meccanismi para-dittatoriali, o
comunque autoritari, per cui basta un diktat del Capo o del Direttorio, per
fare fuori i dissidenti: strumento di epurazione, la Rete, altroché di
trasparenza e condivisione. La quarta stella a cadere è stato il
fallimento delle promesse elettorali
del Movimento. I grillini sono arrivati in Parlamento con un’idea folle, a suo
modo originale: il reddito di
cittadinanza. Ossia, garantire a tutti un reddito minimo per tre anni
per il semplice fatto di essere cittadini italiani. Il proponimento è stato
però sconfessato, prima ancora che dal mancato sostegno di altre forze,
dall’infattibilità pratica della proposta: occorrevano fantamiliardi per
coprire quella spesa enorme, miliardi che esistevano solo nella testa di Grillo
e – ahilui – non certo nelle casse dello Stato.
Ma la stella più luminosa è cadere è stata la credibilità politica degli uomini che
compongono il movimento. Dietro la facciata di gente intraprendente e non
contaminata con i giochi di potere, si è svelato il volto di personaggi che
flirtano con i violenti dei No-Tav,
di esponenti come Di Battista
che capiscono le ragioni dei terroristi
dell’Isis e di Boko Haram,
o di mentecatti come Andrea Cecconi
che addirittura teorizzano che sparare a un politico potrebbe non essere
deprecabile. Si tratta di ingenui, ma proprio per questo le loro parole sono
molto pericolose. Ora che è tempo di festa, Babbo Natale Beppe Grillo (con
quel barbone bianco e quella stazza, sarebbe perfetto per il ruolo) si illude
di inseguire ancora la Stella cometa della rinascita, a bordo di una slitta sempre più malandata. Ma è
costretto a vedere attorno a sé solo stelle cadenti. Forse farebbe meglio a
ritirarsi a vita privata, appartandosi nel suo buen retiro in Lapponia o a
Marina di Bibbona. Farebbe perdere di sé ogni traccia e gli italiani
finirebbero per convincersi che no, Babbo Natale Beppe Grillo, in realtà non è
mai esistito. E non ha mai portato doni.
mader
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