«C’è
una questione sociale esplosiva, ci sono le piazze italiane in rivolta,
migliaia di lavoratori che chiedono voce e diritti. Ma perché occuparsi di cose
come il presidente della Repubblica o la legge elettorale che non importano ai
cittadini, e che sono già state decise a tavolino? Perché il Movimento 5 stelle
non si occupa invece del territorio, perché non va in piazza a dare
rappresentanza politica a cittadini abbattuti dall’euro e dalle politiche
fallimentari dell’Europa come ha fatto la Fiom?
Per gli attivisti del movimento
sarebbe fondamentale raccogliere il malcontento della gente e convogliarlo
nella vera ragione di questo disastro sociale. Ci si è attivati per un
referendum contro l’euro, si raccoglieranno le firme contro la dittatura della
moneta di Bruxelles. Non è un’occasione perduta, chiedo, non essere riusciti
fino a ora a coniugare disagio sociale e battaglia contro l’euro, che sono due
questioni intimamente correlate?».
La
domanda, nel giorno in cui la pentastellata Paola Taverna viene cacciata a male
parole da Tor Sapienza, sembra davvero cogliere nel segno. Forse, come ha
precisato Beppe Grillo, Paolo Becchi parla ”a titolo personale”. Ma il
professore, docente di Filosofia del diritto all’università di Genova, non si
sogna d’altra parte neanche un istante di dettare la linea a nessuno, e tiene a
precisare che è un semplice osservatore. «Ho sempre pensato di poter guardare
le cose del Movimento, e dire come la penso, di poter essere una coscienza
critica. Difficile pensare, come qualcuno ha voluto far credere, che io sia
l’ideologo dei Cinque stelle». Difficile soprattutto perché il professore
mostra grande affetto e attenzione per il Movimento, ma anche e soprattutto una
viva preoccupazione per le sue evoluzioni recenti. «Le prossime elezioni in
Calabria ed Emilia Romagna, saranno per Grillo una cartina di tornasole»,
sentenzia.
Professore,
che cosa succede al Movimento 5 Stelle?
Spero
di essere smentito. Temo però che si sia perduto l’entusiasmo fondativo che ha
fatto il successo del movimento. Ho la sensazione che dopo aver messo piede nel
Palazzo, il movimento si stia istituzionalizzando. Lo scambio con il Pd che ha
portato Sciarra alla Consulta e Zaccaria al Csm non è una logica che appartiene
ai dettami pentastellati. Si è detto di voler cambiare la politica, non di
riabbracciare le vecchie trattative. Senza contare che può crearsi l’effetto
filosofico della china scivolosa.
Teme
un cedimento?
Penso
che se si dice ”che sarà mai un compromesso”, se si pensa ”in fondo è una
piccolezza” ogni volta, ci si ritrova a percorrere un piano inclinato
senza accorgersene.
E
intanto Salvini ha scippato a Grillo la battaglia contro l’euro.
Mi
chiedo se non sarebbe stato utile prendere posizione contro l’euro prima delle
europee. Raccogliere le firme per il referendum va bene e non è affatto un atto
demagogico. C’è un precedente del 1989 in proposito. E tuttavia mi chiedo se
non sia il caso di coinvolgere tutti quelli che ci stanno a dire chiaramente
che il vero problema italiano si chiama Europa. Perché farsi un referendum in
magnifica solitudine, quando sul tema potrebbero essere convogliate forze e
persone della più svariata estrazione? Mi prendevano per matto, quando anni fa
dicevo che bisognava uscire dall’euro. Ora lo dice anche Fassina. Il tema è
entrato nelle pieghe della società civile. Eppure ne vogliamo fare una
questione esclusiva.
L’inclusione
invece sta facendo volare Salvini.
Ha
soffiato a Grillo il ruolo di rottamatore della vecchia politica dei Palazzi?
L’ascesa di Salvini deve fare riflettere. Ha coinvolto molti, lavora sul
territorio. Mi chiedo che fine abbia fatto il radicamento sul territorio dei
Cinque stelle. Va avanti? Si è fermato? Anche su questo i segnali non mi
sembrano incoraggianti, ma magari mi sbaglio.
Non
basta volerne uscire. Bisogna dire come, e questo Grillo non lo spiega.
Occorre
su questo aspetto maggiore comunicazione, ma anche più intuito politico. Occorrerebbero
due terzi del Parlamento per tradurre in legge costituzionale un referendum
contro l’euro. Dove si prendono i voti, se ci si limita a una raccolta firme
autogestita? Bisognerebbe unirsi intorno a questa battaglia, senza paura di
contaminazioni. Si raggiunge l’obiettivo, e poi ognuno per la strada. Non dovrebbero
esserci timori.
A
proposito di comunicazione, che ne pensa della immaginaria conferenza stampa di
Grillo in Europa?
È
semplice. Non puoi indire una conferenza stampa se poi non vuoi
rispondere alle domande dei giornalisti. Si fanno per questo le conferenze
stampa. A domanda rispondi, e se non ti piace la domanda la contesti. È stato
un atto di vero dilettantismo politico.
Allearsi
con Farage e gli xenofobi sembra aver spostato decisamente a destra l’asse del
movimento, non crede?
Quella
è stata in realtà per il Movimento un’ancora di salvataggio che ha permesso di
creare un gruppo autonomo. Un matrimonio d’interessi, senza dubbio. Ma qual era
l’alternativa? I verdi in combutta con la Merkel? Il M5S è nato come un
movimento post-ideologico, la logica di cose di destra o di sinistra non conta.
È importante soltanto la cernita delle idee buone da quelle cattive.
Quanto
pesano le scelte di Grillo nell’involuzione dei Cinque stelle?
Il
movimento ha funzionato perché Beppe ne è sempre stato il garante. Dovrebbe
riprendere a farlo. Nulla è stato detto sulla Sciarra, ad esempio. Ed è passata
sotto silenzio anche la vicenda Calabria.
A
che cosa si riferisce?
Non
si è parlato del candidato governatore della Regione Calabria, che è
contemporaneamente anche capolista. Uno vale uno. Perché in quel caso è passato
il principio che uno vale due? Non capisco. E poi mi chiedo perché Grillo ha
scelto di non intervenire in Calabria o in Emilia Romagna. Una scelta che mi
lascia perplesso.
Sembra
molto scettico sui risultati delle prossime elezioni. I sondaggi non sono in
effetti incoraggianti. Grillo torna indietro.
Le
prossime elezioni saranno a mio parere una cartina di tornasole dello stato
dell’arte. È ingenuo credere che i risultati elettorali non vanno pesati. Se gli
elettori premieranno il Movimento allora bene, che si continui su questa
strada. Se invece ci sarà una battuta d’arresto allora bisogna fermarsi a
riflettere. Capire che cosa si è sbagliato.
La
Calabria è in effetti un banco di prova importante. Dove porta la china
scivolosa di cui parlava?
Non
vedo a oggi alternative al movimento. Ma ho paura che il sogno che ha
rappresentato finisca. Temo che ci stiamo svegliando, e che ci resti solo la
realtà: la politica che conoscevamo e una serie di sfide perdute.
mader
per Il
Garantista
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