Beppe
Grillo se ne è reso conto: così non funziona. Affidare la vita del partito a
intermittenti consultazioni on line, a eventuali assemblee di parlamentari, a
interpretazioni del regolamento o all’umore del giorno rischia di consegnare
l’immagine di un movimento rapsodico, non sempre razionale, prossimo della
bizzarria. Per scongiurare il pericolo, Grillo ha avanzato la proposta di un
direttorio composto da cinque eletti, e ne suggerisce i nomi: Alessandro Di
Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia. Vediamo i
profili dei giovani incaricati di irrobustire il lato pensante dei cinque
stelle.
Partire
da Sibilia non è atto da maramaldi. Anzi. Sibilia (avellinese, 28 anni) è uno
che prima di entrare alla Camera si offrì al dibattito politico con una
proposta di legge che, oltre ai matrimoni gay, consentisse di «sposarsi in più
di due persone» e «anche tra specie diverse purché consenzienti». Il mistero
che ancora avvolge quest’ultima affermazione è stato dimenticato grazie alla
maturazione politica che ha condotto Sibilia ad affrontare vari temi di grande
rilievo.
Il
giorno del 45° anniversario della sbarco sulla Luna, Sibilia si è chiesto,
nella sua personalissima contabilità, come mai «dopo 43 anni ancora nessuno se
la sente di dire che era una farsa». L’uomo non andò mai sulla Luna, sostiene
Sibilia, che insiste sulla politica estera quando, lo scorso ottobre, c’è una
sparatoria nel Parlamento canadese: «Opera di un pazzo o di qualcuno che ha
ritrovato la ragione?». A chi «attribuire le colpe», si chiede arguto Sibilia
non prima di avere offerto «solidarietà a chi ha perso la vita»,
disgraziatamente non più in grado apprezzare il gentile pensiero. Ecco, partire
da qui potrebbe sembrare un pò da farabutti. Ma l’idea è di andare in
crescendo.
Infatti
ha ben altra caratura Di Battista (romano, 36 anni), detto Dibba, forse il più
osannato dei grillini. Dibba è uno che ha l’aria di quello cui non la si dà a
bere. «Diamo fastidio», dice, e sa i rischi che corrono rivoluzionari della sua
stoffa: «Prevedo attacchi sempre più mirati, magari a qualcuno di noi un po’
più in vista. Ti mandano qualche ragazza consenziente che poi ti denuncia per
stupro, ti nascondono una dose di cocaina nella giacca...». E chi? «Pezzi di Stato
deviati. Il sistema fa questo». Lui ha girato il mondo, è stato in Guatemala,
in Congo, nel Nepal, conosce i narcos e sa che le decapitazioni dell’Isis sono
figlie di Guantanamo come Guantanamo fu figlia dell’11 settembre e così via,
fino ad Annibale. È stato sorpreso in aula mentre guardava una partita in
streaming ma la sua passione non si discute: celebre il tentativo (poi si
trattenne) di entrare in una Commissione abbattendone la porta col busto
marmoreo di Giovanni Giolitti.
Roberto
Fico (napoletano, 40 anni), poi, è uomo titolato, è il presidente della
Commissione di vigilanza Rai, ruolo interpretato in forme innovative: partecipa
all’occupazione della Rai con Grillo, non ha niente da dire quando il suo capo
dice di evadere il canone, fa interrogazioni sul direttore di Rainews che è
andato al Bilderberg, propone la chiusura di Porta a Porta. Per Fico, Grillo è
«patrimonio mondiale dell’umanità come le Dolomiti e la Costiera Amalfitana».
Come è evidente, il calibro del direttorio si dilata.
Dinfatti
Carla Ruocco (napoletana, 41 anni) è madre e donna moderata, ogni tanto si alza
in aula e dice che Renato Brunetta è il gran capo del malaffare - ma è il
minimo per restare nei Cinque stelle. Appena entrata a Montecitorio disse che
suo desiderio era di favorire un’adeguata «redistribuzione della ricchezza», e
come non essere d’accordo? Già meno solida, ma interessante, l’affermazione
secondo cui «le Borse calano e lo spread cresce per colpa della legge
elettorale».
E
così, piano piano, siamo arrivati sino a Luigi Di Maio (avellinese, 28 anni),
vicepresidente della Camera, di gran lunga il più elegante dei cinque stelle, e
uno che spicca perché, quando si sbilancia, dice: «Adesso vediamo». E qui siamo
a livelli di saggezza quasi democristiana.
mader
Mattia Feltri per La
Stampa
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