Tu,
il rabdomante della rabbia, per anni hai intercettato l’umore dei disperati.
Poi succede che Genova, la tua città, venga sommersa dall’alluvione. La notizia
ti sorprende a una kermesse romana del tuo movimento. L’istinto fin qui
infallibile dovrebbe indurti a fare la cosa giusta: tornare subito a casa per
metterti a spalare in silenzio, intestandoti una campagna finalmente positiva.
Invece resti al caldo di Roma a grilleggiare contro tutti, senza accorgerti che
sei sempre meno efficace. Non esalti né spaventi più.
Semplicemente
annoi. Al quinto giorno ti degni di farti vedere a Genova. Arrivi in centro con
una scorta arrogante, da mandarino della nuova Casta, e ti becchi la contestazione
di ragazzi che probabilmente ti hanno pure votato. Il distacco tra te e loro è
emblematico: quelli fanno e tu parli, quelli ricostruiscono e tu continui a
distruggere. Perché persino lì, in mezzo al dolore, non trovi di meglio che
indicare bersagli contro cui sfogare il rancore.
Agli
Angeli del Fango che ti danno del pagliaccio come a un Mastella qualunque,
additi il solito capro espiatorio, la stampa, accusandola di avere taciuto le
vere cause della tragedia. Ma quando fai l’elenco di quelle cause si scopre che
sono le stesse che ingombrano le prime pagine dei giornali. Sei fuori forma,
incoerente, confuso. Dopo averli umiliati, ti offri ai cronisti per
un’intervista in cambio di duemila euro da versare a un tuo fondo per gli
alluvionati. Tu, di grazia, quanti ne hai messi? Dici ai ragazzi che non hai
problemi a spalare il fango con loro, però poi non lo fai e ti dilegui con la
tua scorta. Hai perso il tocco, Beppe Grillo. Che peccato, sei già ieri.
mader
Massimo
Gramellini per la Stampa
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