Il Circo Massimo in cui si apprestano a confluire
Beppe Grillo e i Cinque stelle per la tre giorni di kermesse prossima ventura
(da venerdì a domenica) è, a questo punto, un luogo prima di tutto psicologico:
lo specchio dove rimirare l’immagine di quello che si era, di quello che si
voleva essere, di quello che (illusione) si spera di essere ancora,
indipendentemente dai soldi raccolti online (meno del previsto, per ora circa
centonovantamila euro su cinquecentomila attesi) e indipendentemente dal numero
di gazebo (meno del previsto pure quelli: circa duecento invece di trecento).
Pazienza se l’attivista Mimì da Bari, l’altro giorno,
ha scritto sul blog di Grillo che tanto valeva non ridare indietro i rimborsi
elettorali e non fare “la lagna delle offerte alla parrocchiale”, visto che poi
“il Movimento ha sempre bisogno di soldi”. E pazienza se alcuni imprenditori
del nord-est prima simpatizzanti, come Massimo Colomban, ora, vista anche la
linea-Camusso assunta dal M5s sull’articolo 18, invitano i Cinque stelle a
“mettersi insieme” a Matteo Renzi e pure a Matteo Salvini per “fare davvero le
cose”.
Il problema di Beppe Grillo, adesso, più che di
mancata donazione, è di motivazione. Non ci saremo tirati la zappa sui piedi,
in questo anno e mezzo?, si chiedono ormai non pochi attivisti, con gran
saudade per i giorni in cui si brindava al venticinque per cento inconsapevoli
di quello che sarebbe venuto poi: l’imprigionamento degli eletti nella turris
eburnea internettiana della Casaleggio Associati.
Hanno voluto la bicicletta, i Cinque stelle, ove per
bicicletta s’intende la piazza delle meraviglie, il prato dei Rolling Stones
dove parlava Walter Veltroni quando non andava a Venezia a sposare George
Clooney, il secondo luogo-simbolo da scippare al Pd dopo piazza San Giovanni.
Ma pensa che scorno, ieri, vedere quel titolo non proprio incoraggiante sul
Fatto quotidiano, sopra all’editoriale di Marco Travaglio, oggi severissimo
quanto un tempo benevolo con il M5s: “Circo Massimo o minimo?”.
E anche se la deputata di M5s Roberta Lombardi vede
“gufetti” e “gufacci” a rovinare a monte la festa del rilancio (o della sperata
uscita dall’irrilevanza?), nello specchio del Circo Massimo non si scorge
l’entusiasmo d’antan per le gesta del leader-comico che si mette la muta e
nuota nello Stretto prima di correre per tutta la Sicilia come Forrest Gump,
con le folle che donano al suo camper torte e prosciutti (Grillo canterà al
Circo Massimo con Edoardo Bennato, si apprende, ma la grancassa non suona più).
E’ stata prosciugata dalla disillusione, l’euforia del
cittadino comune indignato con la casta (tutti alla plancia di comando, mica
dobbiamo essere politici professionisti, dicevano i Cinque stelle nell’inverno
del 2013, sentendosi prossimi al giorno del giudizio in cui “cacciare gli
zombie” e “aprire il Parlamento come una scatola di tonno”). “Festa”, è la
parola magica che i Cinque stelle ripetono per autoconvincersi di non essere
soltanto scontro di pizzarottiani e antipizzarottiani (intanto Federico
Pizzarotti, sindaco di Parma mezzo-dissidente, dice in un’intervista a
Repubblica che nel movimento “la leadership è diventata un problema”).
“Festa”, dice
l’organizzatrice del “grande evento” (sempre Roberta Lombardi), evento durante
il quale Beppe Grillo si affaccerà dal palco più volte (la prima venerdì sera),
mentre dai gazebo sistemati “a stivale” come lungo i confini dell’Italia si
parlerà di “buone notizie” (cioè, dicono i Cinque stelle, di quello che hanno
fatto “sul territorio”, complice la testimonianza dell’anti-Pizzarotti Filippo
Nogarin, sindaco di Livorno non ancora inviso, anzi, alla Casaleggio
Associati).
Guarda dentro alla certezza del prossimo boato di
pubblico per Grillo come Narciso sul bordo dello stagno, il M5s, ma non ci vede
la grandeur che faceva digerire tutto, anche le tragicomiche farse in streaming
per discutere prime espulsioni, scontrini, linee sgradite, con la paura di
farsi “contaminare” dal Palazzo. Saremo tantissimi, sarà tutto bellissimo,
dicono i parlamentari ottimisti del M5s mentre il collega Danilo Toninelli
invita i dissidenti pd a votare insieme (per la Consulta) il nome del professor
Franco Modugno.
Ma il rischio di ripetere al Circo Massimo slogan
ormai già digeriti dalla piazza s’intravede, come pure s’intravede quello di
esaurirsi nella lamentazione (per il sindaco di Roma che se n’è infischiato
della pulizia, per l’assicurazione cara, per gli artisti “non coraggiosi” che
latitano, tanto che sul web è andata in scena l’indignazione vittimista contro
Caparezza che non ha “le palle” per suonare chez Grillo).
Siamo lontani dai tempi in cui una fetta di bel mondo
(con Dario Fo) si appollaiava sulla spalla del comico. L’effetto calamita da
“vaffa-day” (l’ultimo neppure un anno fa) pare svanito. E per quanto Grillo
abbia fatto balenare sul blog bighe e trionfi, il cuore scorato degli attivisti
al momento dice: andrà bene se non andrà così male.
mader
Marianna Rizzini per Il
Foglio
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