venerdì 12 settembre 2014

NEL M5S CHI NON È GRADITO VIENE ALLONTANATO CON LA DIFFIDA LEGALE



L’espulsione di alcuni eletti invisi al Capo era cosa nota e già praticata nel Movimento 5 Stelle, la diffida nei confronti di un attivista invece rappresenta una novità. Sui “metodi” dell’epurazione abbiamo parlato con Francesco Oggiano, giornalista e autore del libro-inchiesta Beppe Grillo parlante – Luci e ombre sotto le 5 Stelle.
La diffida legale è una novità nel Movimento?
«In realtà, no. A sette anni dall'anniversario del primo V-Day, Grillo ha ripreso una pratica che sembrava si fosse lasciato alle spalle».

In passato, quando e come è stata usata?

«La pratica iniziò nel 2010 per "tutelare" il Movimento da politicanti di professione saltati sul carro di un promettente vincitore che iniziarono a parlare a nome delle allora liste Civiche a 5 stelle. In seguito divenne una vera e propria bolla papale che dirimeva le lotte intestine nelle regioni tra i vari Meetup, diffidando un gruppo a vantaggio di un altro. Infine è divenuta l'arma micidiale e definitiva per azzittire le voci meno conformi al Movimento stesso, voci che fino a pochi mesi prima erano accreditate come aderenti al Movimento stesso, vedi i casi di Giovanni Favia, Federica Salsi e Tavolazzi».

Ma come si arriva alla diffida?
«La procedura è sempre la stessa. Dopo una rapida consultazione telefonica con Beppe Grillo, unico titolare del marchio Movimento 5 Stelle, dallo staff della Casaleggio Associati parte la telefonata all'avvocato Michelangelo Montefusco. Dal suo studio nel centro di Milano, il riservatissimo legale di fiducia di Grillo, che segue in prima persona le pratiche burocratiche del comico, confeziona la solita lettera raccomandata per l'attivista di turno».

Ma in passato Grillo non annunciava le “scomuniche” prima sul suo blog?
«Infatti, negli anni non è cambiata né la forma né la sostanza, solo la pubblicità della diffida. Fino al 2013, l'invio della lettera era accompagnato, e talvolta preceduto, da un post sul blog che informava la base. Ma dopo l'entrata in Parlamento, e l'accensione dei riflettori dei media sulla democrazia interna al Movimento, dallo staff hanno preferito archiviare la pratica della tradizionale diffida, creando per i parlamentari una procedura di espulsione più collettiva che prevede la consultazione online degli iscritti. Evidentemente però il vizio non è stato perso e per i casi di attivisti non entrati in Parlamento la pratica della diffida risulta il modo più veloce ed efficace per allontanare voci sgradite. Definite, grazie una formula legale impeccabile, "improprie”»


mader

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