Che un giovane Presidente del Consiglio partito lancia
in resta contro i «salotti buoni» decida di disertare il tradizionale
appuntamento di Cernobbio - vero e proprio attico con terrazza della finanza
italiana - può far storcere il naso ma, come si dice, ci sta. Ci sta forse meno
il fatto che - per il secondo anno consecutivo - ormeggi sulle sponde del lago
di Como Gianroberto Casaleggio, mente informatica di un movimento il cui leader
non fa mistero di considerare i banchieri dei volgari truffatori (epiche le sue
battaglie contro i vertici di Mps) e il mondo dell’economia e della finanza,
più in generale, un’accozzaglia di massoni, con tanto di cappuccio e grembiulino.
Ma in fondo, se lo si assume come ennesimo
cortocircuito di certi populismi nostrani, può starci anche questo.
E’ vero che Matteo Renzi non è più lo
scapestrato sindaco di Firenze e che polverose regole di galateo politico
avrebbero consigliato una sua presenza a Cernobbio: ma almeno due circostanze
rendono invece coerente la sua discussa scelta.
La prima - forse meno rilevante - la potremmo
definire di carattere storico-personale: Renzi sul lago non c’è mai andato, non
ha mai frequentato i cosiddetti «salotti buoni» e quei salotti non lo hanno mai
apprezzato, in ragione del suo modo spiccio di far politica . «Ci considerano
dei barbari», ha confessato al tempo della scalata avviata col suo piccolo
esercito di «rottamatori».
Certo ha qualche simpatia e qualche amicizia
personale in quel mondo, ma si tratta - naturalmente - di rapporti «scandalosi»
e criticati: le cene con Davide Serra, i pranzi con Flavio Briatore, allo
stadio con quell’altro panzer di Diego Della Valle. Poca roba, però: e
insufficiente a ridurre le distanze da un universo che non ama e dal quale non
è stato mai amato. Questa prima circostanza, è un’ottima premessa - diciamo
così - per introdurre la seconda spiegazione ad un’assenza altrimenti
incomprensibile.
I «salotti buoni» e le «élite»
economiche-culturali del Paese (da certi industriali ai «professoroni», per
capirci) sono diventati, da un po’ di tempo, il nuovo nemico di Matteo Renzi,
un leader che fin dai tempi dell’assalto alla Provincia di Firenze ha sempre
nutrito la sua politica e il suo «populismo democratico» con l’assalto ad un
nemico: in origine i Ds «arroganti», poi i vertici («bolliti») del Pd, quindi
la «casta» da rottamare e, rottamata quella, ecco i gufi, i rosiconi e gli
animatori dei «salotti buoni».
Un nemico sempre e comunque, insomma: per dare
un credo alle truppe, sostanziare una causa e magari parlar d’altro, in una
finora efficacissima opera di distrazione di massa. E i nemici, naturalmente,
sono sempre populisticamente impopolari: quanti cittadini elettori, infatti,
possono considerare le élite economico-finanziarie del Paese incolpevoli per la
situazione in cui versiamo?
Detto questo, sarebbe però un errore non vedere
un altro aspetto del modo di far politica di Renzi, che l’assenza da Cernobbio
conferma in maniera evidente: una certa allergia ad esser «sponsorizzato» e la
riproposizione di quel che un tempo (con qualche approssimazione) veniva
definito il «primato della politica». L’unica chiamata estiva alla quale il
premier ha risposto è stata quella dei boy scout a San Rossorre: niente
Cernobbio oggi, e niente Meeting di Cl, ieri. «Non mi lascio né intimidire né
condizionare», ama ripetere Renzi: a maggior ragione da quelli che uno stesso
dirigente Pd (non renziano) definisce «luoghi della politica morta»...
Più difficile dire, invece, che idea abbia del
Forum Ambrosetti Gianroberto Casaleggio, detto il guru, che l’anno passato
intrattenne la platea con una contrastata lezione sulle sorti magnifiche e
progressive di Internet. Ci torna per la seconda volta: e non per lanciare
pietre, come suggeriva l’anno scorso qualche militante grillino in rete.
Partecipa nelle vesti di presidente della «Casaleggio Associati» o di numero
due del Movimento? Poiché scindere le due parti in commedia è difficile, anche
la risposta è complicata.
Comunque, nella gara ingaggiata con Renzi a chi
è più antisistema, stavolta i Cinque Stelle perdono per distacco. Eppure per il
Movimento - e per lo stesso sistema politico - potrebbe non essere un male. Infatti,
se la tanto invocata «costituzionalizzazione» dei Cinquestelle avesse come
passaggio obbligato la presenza del guru a Cernobbio (tra massoni e
truffatori...) anche i più scettici applaudirebbero convinti. Ma è poi così?
Nel pendolo responsabili-irresponsabili di un Movimento disposto a dialogare
con Farage, i jiadisti e ora i «banchieri massoni», ma non col governo
italiano, il dubbio è lecito: tocca a loro, a Grillo e Casaleggio, dimostrare
che la lezione del voto europeo non è arrivata invano.
mader
Federico Geremicca
per La
Stampa
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