Il mio amico
Franco Zerlenga, che vede le cose da New York e talvolta le vede meglio di noi,
sostiene che Beppe Grillo è semplicemente un nazista.
Franco vive in un paese
dove le istituzioni sono integre, prima di tutto perché hanno coscienza di sé e
sanno il proprio valore.
Anche la democrazia americana è imperfetta, soffre,
vive la crisi, la disoccupazione, vive la dissociazione delle idee generali, la
corruzione, il discredito washingtoniano, la moltiplicazione dei valori in un
politeismo senza Dio, ma in nessun momento, in nessun dove, mai, mai potrebbe
un violento fanfarone capace di chiedersi che cosa si potrebbe fare in macchina
con la presidente della Camera, mai praticare il campo della democrazia
liberale americana. Potrebbe essere un caso estremo di diritto civile o free
speech, forse sarebbe trattato come un insetto da lasciare libero di tessere la
sua tela dei veleni, ma la sua operatività politica, la sua dignità di
interlocutore della grande stampa e delle televisioni e dei partiti sarebbe
spettrale in una vera democrazia costituzionale.
Sono restio
ad applicare la grande terminologia storica del Novecento (nazismo, fascismo,
comunismo) allo squallore presente, che è capace di attirarla in un abuso
strumentale di seconda scelta, ma credo che Zerlenga abbia ragione. Grillo
vuole abolire i partiti, che considera morti, se ne sente erede testamentario e
si proclama tale come becchino plebiscitario, magari fosse semplicemente un
populista democratico.
E’ il Führerprinzip incarnato, comanda senza esserci, è
monolitico e unico e assente, si sente il rilascio di una certa puzza mistica
della cattiva politica di sempre. Scatena ondate di scurrilità sessista contro
le donne che designa come obiettivi dello squadrismo verbale in campo avverso,
ultima la presidente della Camera. Evoca la violenza: arrendetevi,
consegnatevi, l’assedio, e defeca sugli avversari e perfino sugli amici non
abbastanza obbedienti, trattati come ottuagenari surgelati. Coltiva con quel
suo amichetto web uno spirito di setta che forse fa ridere, forse è fumettaro,
forse ha un qualche bavoso elemento di derivazione dall’archetipo del
goliardico e del comico, ma impressiona per l’aderenza obbediente che
sollecita, in rete e fuori della rete, al prototipo del frequentatore di
birreria monacense sulla fine degli anni Venti del secolo scorso.
Grillo è un
fuorilegge della democrazia. E’ il parassita malato delle polemiche e dei
ritrovati anticasta dei ricchi e famosi che come sempre in Italia giocano allo
sfascio. E’ il prodotto della subordinazione dei mass media, televisioni più
deboli in primis (l’increscioso caso Mentana), alla sua dittatura d’opinione,
alla sua convinzione malfidata di essere nel giusto di una campagna di distruzione
dell’esistente democratico, magari con false locuzioni di difesa della
Costituzione (il nazismo politico ha sempre un fondo legittimista che irrora il
suo spirito eversivo). Grillo dovrebbe essere bandito dalla scena pubblica, con
metodi rigorosi ed estremi. Dovrebbe essere inseguito dal disprezzo agente, non
inerte, delle istituzioni. Dovrebbe essere considerato, lui con i suoi
corteggiatori e seguaci, come quel che è: un mostro antidemocratico di
volgarità e di menzogna, uno che lucra sulla credulità popolare, una specie di
metodo stamina a largo raggio, un’infusione di bestialità nella realtà magari
critica, magari drammatica, ma fondamentalmente sana del corpo repubblicano.
Sento già l’obiezione del cretino cognitivo: gli facciamo un favore. E facciamoglielo,
il favore di fargli sentire addosso l’alito sputazzante della società civile e
dello stato.
Grillo non
può e non deve essere semplicemente criticato. Questa è blandizie, è fiacchezza
dello spirito, è incapacità di reazione da circonvenuti. Grillo deve essere
avversato e respinto ai margini del discorso pubblico. Deve essere sepolto
sotto una valanga di indifferenza e di superiorità morale. Deve essere
eliminato dal finto gioco delle regole e delle parti a cui si riduce, quando
muore, una democrazia senza spada e senza risorse difensive e d’attacco.
Grillo
kaputt. Questo è il problema. Altro che il sessismo.
mader
di Giuliano Ferrara per Il
Foglio
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