Di Battista Alessandro, delle cui generalità la
cronaca avrebbe fatto volentieri a meno, è il parlamentare grillino
(viva la Prima Repubblica!) passato agli onori della medesima per le sue
analisi geopolitiche in materia di scontro di civiltà, terrorismo islamico, Isis.
Diciamo che, al confronto, il maresciallo Pétain fu un ostico baluardo di
fronte all’occupazione nazista.
Gli sgozzatori e tagliatori di teste e
macellatori di uomini e infibulatori di donne, ci dice l’ermeneuta Di Battista,
vanno infatti “elevati ad interlocutore”. Eccerto. Hanno i
loro valori, le loro strutture di senso, una loro visione univoca e coerente
del cosmo, chi siamo noi per non “interloquire”?.
Vai a interloquire, Di Battista, paghiamo noi.
Pare un interlocutore perfetto, questo simpatico signore in completo nero, che
qualche fotogramma dopo quello che trovate in pagina era simpaticamente intento
a staccare la testa di James Foley, reporter e cittadino
americano, dal resto del corpo. Un modo come un altro di interloquire, va
capito, relativizziamo le nostre stolide certezze occidentali, la
decapitazione è una forma di dialogo. Vai avanti tu, Di Battista, che
sei più bravo di noi a relativizzare, siamo gente ottusa e stanca, testardamente
ancorata al principio, anzi all’evidenza, della vita umana.
Vai avanti tu, Di
Battista, e magari portati qualche intellò di complemento, che fa
sempre chic e caviar, gauche o droit fa lo stesso, un Gianni Vattimo
vale un Massimo Fini e viceversa, tutti allegramente a
interloquire coi galantuomini in nero, occhio solo a non scoprire troppo la
gola.
Noi non interloquiamo, caro Di Battista e cari
occidentali annoiati da voi stessi, noi stiamo qui, stupidamente, a difendere
stupidità come la libertà degli stupidi umani, e pensate un po’, perfino la
vostra. Noi cerchiamo disperatamente un Reagan, contro
l’Impero totalitario sempre, quindi a maggior ragione contro il Califfato messo
su da cani arrabbiati quali il signore nella foto, ci piacerebbe anche un Bush,
con tutti i limiti ma anche la grandiosità di un very american cowboy, o un Roosevelt,
carico di polverosa retorica distributiva da New Deal, ma fermo e fermamente
ancorato ai padri fondatori quando bisognava esserlo, da Pearl Harbour a Omaha
Beach, ci accontentiamo persino di un Obama, per molti versi
eccentrico e tangenziale rispetto a questa storia, eppure ancora in grado di
dire, come oggi, che l’Isis è “un cancro” da estirpare, e che si agirà di
conseguenza.
Noi non vogliamo che si tratti con questi
signori, ci fa schifo persino pensare che qualcuno pensi una trattativa
pensabile con loro, noi pensiamo invece che quello sputo chiamato civiltà
occidentale, dai presocratici alla Coca Cola, sia meglio della gara a
tagliar gole in nome del Profeta, e lo sia in ogni universo possibile. Noi,
caro Di Battista e cari di battistiani uniti di destra e di sinistra, non
riconosciamo loro nessuna dignità ontologica e morale, in breve, non li
consideriamo uomini.
Può essere che sbagliamo, del resto. Non essendo
avvezzi a mozzare teste per conto di una Verità Rivelata, ammettiamo il
fallibilismo: può effettivamente essere che i gentiluomini dell’Isis non vedano
l’ora di sedersi al tavolo per conversare dell’armonia dei popoli e della pace
perpetua. Proprio per questo vi diciamo: andate voi, a trattare, che siete più
bravi.
Il biglietto lo paghiamo noi.
mader
Giovanni Sallusti per L’Intraprendente
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